giovedì 30 dicembre 2010

La Bolivia si agita

Ieri, mercoledì 29 dicembre, il Presidente Evo Morales ha parlato al popolo in un discorso ufficiale trasmesso da tutti i mezzi di comunicazione. Morales ha cercato di calmare gli animi, appoggiando innanzitutto la legge votata dal governo domenica 26 di dicembre.
Evo ha ribadito il fatto che l'introduzione delle sovvenzioni ai carburanti è avvenuta in un epoca in cui il suo governo doveva ancora nascere, per mano della vecchia coalizione politica al potere. Morales ha affermato che gli altri governi non hanno "avuto il coraggio" di togliere le sovvenzioni in questione per paura della reazione popolare all'inflazione e il suo Governo ha ereditato così una problematica causata antecedentemente; sostiene però che l'annullamento di questi sussidi governativi era necessaria da tempo; principalmente per fermare, come già citato, un contrabbando di carburanti fra Bolivia e paesi confinanti che stava minando pesantemente le casse del paese; secondariamente per mettersi in pari con le altre nazioni sul piano economico; infine per reinvestire nell'economia interna al Paese i circa 350milioni di dollari fino ad ora destinati appunto alle sovvenzioni ai carburanti.
Il Presidente ha promesso inoltre un aumento salariale del 20% in diversi settori professionali, ed altre misure di compensazione alla legge appena votata.

Chiaramente, l'impatto della poplazione con le repentine decisioni prese, non si è ammorbidito...la realtà dei fatti rimane e la gente sembra più preoccupata dal presente che fiduciosa per l'impatto che avranno queste mosse economiche in un futuro prossimo.
I prezzi in generale stanno salendo o sono già saliti vertiginosamente.
Oggi i conducenti di trasporti pubblici hanno indetto uno sciopero generale e hanno annunciato blocchi stradali che congestioneranno le varie città.

Ieri nel pomeriggio inoltre, si è diffusa la voce che il governo aveva intenzine di congelare i conti bancari (corralito) per un periodo indefinito, questo per assicurarsi di mantenere dei capitali fisici in questo periodo di cambiamenti drastici . Informazione che in serata il Presidente ha smentito pubblicamente ed ha anzi condannato in quanto terrorismo finanziario indetto dell'opposizione. Code interminabili agli sportelli bancomat si sono registrate in tutta la nazione, da La Paz a Cochabamba, da Sucre a Santa Cruz...ovunque aleggia un'incertezza sulle prossime mosse del Governo e sulle reazioni del popolo apparentemente pronto e desideroso di insorgere.

La chiave di lettura del tutto è ancora smarrita per quanto ci riguarda, nel senso che tante sono le ipotesi, ma poche le certezze...senza dubbio le decisioni prese dal Governo gioveranno all'economia in tempi relativamente lunghi, mentre l'attualità è caratterizzata da un senso di smarrimento e insicurezza quotidiani.

Per chi volesse un buon approfondimento in merito alla questione, rimandiamo all'interessante articolo scritto da Lucio Nesta -volontario Interagire- sogliologo e operatore sociale attivo nella capitale Sucre.

Il blog di Lucio e di sua moglie Sara:

www.diarioboliviano.org

Articolo "Bolivia, nuove manovre economiche del governo"





lunedì 27 dicembre 2010

La Bolivia è in fermento

Vorremmo brevemente informarvi del fatto che ieri, domenica 26 dicembre 2010, il governo boliviano ha deciso di togliere le sovvenzioni, fino ad ora garantite, per la distrubuzione di carburante per veicoli a motore.
L'annullamento di queste sovvenzioni statali ha avuto come diretta conseguenza l'aumento di più dell'80% di benzina e diesel.
Il governo dichiara di aver appositamente voluto un aumento drastico del costo della benzina, per opporsi decisamente al contrabbando con i paesi confinanti, nei quali il carburante costava già il doppio.
La Bolivia è in fermento, i prezzi dei trasporti pubblici sono raddoppiati nel giro di 24 ore e la gente si chiede quali costi aumenteranno di conseguenza e in maniera tanto vertiginosa (carne? olio? altri prodotti di importazione o che necessitano di trasporti?).
Noi assistiamo un po' confusi al fermento e a nostra volta ci chiediamo come reagirà la popolazione.
Attendiamo sviluppi che non mancheremo di comunicarvi.

Un saluto
Matteo e Nicole

mercoledì 22 dicembre 2010

Magnà se magna...

Nella foto: uno dei piatti tipici, la Picana


“Il cochabambino, da un punto di vista alimentare, è esigente Matteo”, mi dice con fare solenne e composto Omar, subito dopo avermi invitato a mangiare un panino all’arrosto di maiale e verdure, attorno alle nove e trenta del mattino. All’istante mi parte mentalmente una raffica di immagini di pietanze e piatti tipici che ho visto in giro...cribbio…Omar ha ragione!

Mangio il panino e mi sento cochabambino, bevo un succo di frutta scegliendolo fra altri sei differenti, tutti prodotti artigianalmente…mi trovo ad un incrocio stradale poco trafficato, ci stiamo servendo da una delle infinite bancarelle di strada, veri e propri angolini del sapore.

“Omar…ma tu…da buon indigeno…ogni giorno segui il programma alimentare del cochabambino?”

“Chiaramente no, a parte che mi costerebbe parecchio, poi mi ritroverei sovrappeso, non mi piacerebbe sentirmi grasso”

Bhè…non è che ora voglio fare l’ironico così a buon mercato, e neppure mi sento un grande esteta, però secondo il mio flessibilissimo parametro relativo all’argomento, Omar già lo è abbastanza, in sovrappeso.

In ogni caso sorvolo, ci mancherebbe.

“Ma…Omar…raccontami un po’…ipotizziamo…se un cochabambino benestante, esigente esigente esigente, e a cui non importa della linea, seguisse rigorosamente la scelta alimentare quotidiana della città…cosa mangerebbe?”

Chiedo dunque, iniziando ad affrontare la seconda metà di quello che erroneamente sto reputando un semplice “panino”.

Omar volta lentamente il capo per scrutarmi il volto.

“Davvero vuoi che ti faccio la lista?” chiede illuminandosi.

“Dimmi dimmi!”

“Bella come domanda Matteo! Bene, bene! Questo è il mio argomento! Diciamo che il cochabambino si sveglia mediamente verso le sette, così come accade in tutto il mondo. Di norma la colazione casalinga è costituita dai classici pane, burro e marmellata…ovviamente qui la frutta abbonda, perciò la si può trovare su molte tavole già molto presto al mattino. Il piccolo pasto si accompagna con caffè, tè (mate) o succo.

Matteo…il cochabambino è esigente…sia coloro che hanno già fatto colazione, che quelli che sono ancora a digiuno, per strada o nei ristorantini, a partire dalle 08:00, possono mangiare le seguenti portate: un piatto di Linaza (cereale in grani), spesso servito con un po’ di formaggio; il famoso Api con Pastel (sciroppo denso con pastelle dolci fritte); Buñelos (bigné); Gelato con cannella e latte; Empanadas (fagottini di pane ripieni a piacimento); Cuñapes (involtini di pane con un po di formaggio nell’impasto); Phisara (piatto a base di grano andino); Sandwich de Chola (che è il panino che hai fra le mani ora caro Matteo); Humintas (pasticcio di mais cotto a vapore o in acqua nelle sue stesse foglie); Rosquetes (ciambelle pasticcini); Tojorí (succo di frutta e pastelle).”

“Accidenti Omar! Questa è la scelta tipica per colazione?”

“Si…ma ti sei già stufato? Ora ti racconto cosa segue: il cochabambino, sempre per strada o nei ristorantini, fino alle 11:30 del mattino e difficilmente oltre, si sazia con le famose Salteñas (fagottini ripieni di verdure, carne, olive e uova, piccanti o dolci, diversi dalle empanadas); Locotos ripieni (peperoncini piccanti); Rellenos de papa (bocce di pastella fritte e ripiene di verdure e carne); Caldito de Cardan (brodo-zuppa iperproteico di parti genitali di animali maschi)…”

“No aspetta Omar…in giro per strada ti danno il brodo di pisello di toro?”

“Certo…a dipendenza della dose puoi capire di che animale è…a me fa schifo…ma è consigliato contro l’anemia e si crede che curi l’impotenza…dai fammi continuare…dopo la zuppa abbiamo, se vogliamo: Ranga Ranga (misto di carne, riso e cipolle); Riñoncitos (reni con patate o in zuppa); Chorizos criollo (salsicce con contorno)…che te ne pare Matteo? Ci vuole energia per iniziare la giornata no?”

“Tutte pietanze eccezionali, ma non ti sembra un po’ un esagerazione, un eccesso?”

“Chiaro…ma qui parliamo di cultura alimentare, non di ambientalismo o equità…non sto facendo un discorso serio…è una semplice delucidazione, ci penseremo un’altra volta alle critiche…ok? Dunque proseguiamo…siamo all’ora di pranzo giusto? Bhè...uno può sbrigarsela fra questi piatti: K’allu (pannocchia, fave, patate e insalata con cipolle); Enrollados (involtini di carne di maiale); Escabeche (pollo con verdure lessati e con brodo); Chank’a de pollo (pollo o gallina lessati con fave e fagiolini); la squisita Sopa de manì (zuppa di noccioline con patate, pasta e verdure); Puchero (misto di verdure, mais e carne); e poi ci sono una miriade di altri piatti a base di carne e verdure, come Ch’ajchu, Habas pejtu, Mata hambre, Pique macho (lo adoro); Conejo lambreado (coniglio), Chicharron (carne e cotenna di maiale) e Pampaku (che si può fare con carne di agnello, maiale, pollo, anatra e porcellino d’india); la Milanesa (molto simile al Sillpancho, anche se la fettina è molto più spiattellata e fritta); la Picana (vari tipi di carne lessa con pannocchie e verdure).

“Ma sai che da noi il porcellino d’india è un animaletto che i bambini tengono in gabbia e ci si affezionano?”

“Anch’io li adoro…qua si vendono in strada…son tenerissimi allo spiedo…ma fammi continuare Matteo siamo arrivati a un pasto importantissimo…il Platito de la tarde (piatto del pomeriggio), assolutamente da consumarsi entro le 16:00 e le 17:30…la scelta purtroppo non è molta…abbiamo: Fideos uchu (zuppa di pasta con carne); Aji de patas (piccante a base di zampe di maiale e verdure); Picantes misti; planchitas (carni alla griglia miste).”

“Mamma mia Omar, ma sai che troppa carne fa male? E poi sai che per produrre un solo chilo di carne…”

“Ma falla finita…ti ho già detto che i discorsi da apocalisse li facciamo un’altra volta…manca poco…siamo arrivati ai piatti tipici per la cena e per la notte…bene…personalmente adoro il Sillpancho (per ordine di piramide partendo dal piatto riso, patate, fettina di manzo impanata e fritta, uovo al tegamino e insalata con cipolle); però sai, ci sono anche Lapping (ottimo per gli erbivori come te, la carne c’è, ma con tanta verdura e una banana fritta; Lomo mondado (altro pezzo di carne del manzo con riso e verdura, chiamato anche Borracho, cioè “ubriaco”), perché va bene mentre stai bevendo alcool; il Charque (carne essiccata e fritta, meglio se di lama, servita con uova, patate, mais e birra); poi ci sono le magnifiche Tripas (le viscere, so che sono diffuse anche dalle tue parti). Per finire, abbiamo due prelibatezze consigliate per dopo cena, meglio ancora se mangiate all’uscita dal bar, con addosso qualche grado alcolico di troppo: gli Anticuchos (cuori di pollo o di vacca grigliati); e il famosissimo Trancapecho (“blocca petto”, ovvero il Sillpancho al completo ficcato in un panino”)….ovviamente per strada puoi trovare anche i più classici hamburgers, pane e salsiccia, hot dogs, pollo fritto con qualsiasi condimento…poi non bisogna dimenticare le bevande…abbiamo la sacra Chicha (fermentato di mais) e una miriade di birre molto gasate ma buone. Per il vino devi andare al sud, nella zona di Tarija, per favore è buon costume NON chiedere mai un vino chileno al ristorante.

“Ma tu cosa ne pensi di quest tipo di alimentazione Omar?”

“Io non penso nulla…penso che uno deve curare quello che mangia e qui a Cochabamba, anche se siamo in una grande città, si trovano prodotti caserecci e fatti in casa, rivenduti a prezzi onestissimi direttamente dal produttore, direttamente sulla strada.”

“Ma è sempre così? Cioè…come lo sai? Magari la carne la comprano al mercato, o al supermercato”

“Matteo…ma voi europei siete diventati tutti così paranoici in merito a quello che mandate giù?”

“Buono il sandwich de Chola Omar…ma le avranno lavate bene con acqua bollita queste verdure?”

“Ok, hai superato il limite…offri tu”.

Un abbraccio

Matteo

domenica 19 dicembre 2010

Virgen de Copacabana










Bancarelle per la vendita degli addobbi
Inizio degli addobbi


Lo scorso fine settimana ho avuto la possibilità di visitare Copacabana, piccola cittadina situata sulla sponda sud del lago Titicaca. Ho viaggiato insieme a tutta l’equipe di “educar es fiesta”, e i tre giorni passati insieme sono stati un’opportunità per elaborare in maniera dettagliata la valutazione dell’anno 2010 per quanto riguarda i singoli progetti di “educar es fiesta”, e un modo per approfondire le relazioni fra colleghi.

Il viaggio da Cochabamba si snoda per sei ore in direzione La Paz; la strada è interamente asfaltata e la vista dell’altopiano accende emozioni profonde; un mare di terra, distese di sabbia, case abbandonate, greggi di pecore, alcune biciclette e poche persone. Giunti all’altezza della vecchia capitale, si prosegue in direzione di Tiquina.

Lo Stretto di Tiquina è il punto più stretto del lago Titicaca. Per passare da una sponda all’altra sono necessari solamente una decina di minuti; le auto e i viaggiatori a questo punto si separano, per venir traghettati entrambi su differenti imbarcazioni. Alcuni colleghi mi hanno raccontato storie tragiche di tempi lontani, quanto le auto e i passeggeri venivano traghettati sulla medesima imbarcazione, che tuttavia non era adeguata…molti a quanto pare sono stati i morti in questo stretto.

Dopo la breve traghettata si giunge nella piccola cittadina di San Pablo, dove si può finalmente iniziare ad apprezzare il piatto tipico di questa regione: “la trota”, all’aglio, alla griglia, alla romana, al limone, al burro, alla pietra, ecc. . Le seguenti due ore di viaggio si può felicemente osservare un paesaggio suggestivo, dove la terra secca inizia a prendere colore, e l’azzurro del lago riflette in ogni dove.

Qualche chilometro prima di giungere a Copacabana, ecco che ci fermiamo davanti ad un piccolo tempio. È il tempio dedicato alla Virgen de Copacabana, alla quale offriamo alcool, sigarette e foglie di coca, in cambio di protezione e buon auspicio per i nostri due veicoli…ma questo è solo l’inizio.

Dopo la prima giornata di sabato trascorsa a lavorare sulla valutazione 2010, e ad adattarci al clima folle di Copacabana (si passa da un sole cocente, alla pioggia, al vento e al freddo nel giro di una mezz’ora), ecco che finalmente domenica siamo pronti per la cha’lla.

Il direttore insieme ad un altro collega sono in fila davanti alla Cattedrale dalle 06.00 della mattina, con le rispettive automobili con le quali siamo giunti a Copacabana. Uno dei due veicoli è un altro motivo per il quale siamo venuti fino a qui: infatti è una vettura nuova, finanziata da Caritas Australia, che da solamente qualche mese sta facilitando il lavoro a “educar es fiesta”. È dunque un’automobile da benedire e Copacabana è il luogo più importante in Bolivia dove poterlo fare (cha’lla).

Pian piano arriva tutta l’equipe che si mette ad adornare l’auto con ghirlande, fiori, madonnine, lustrini, corone, ecc. . Questo è l’inizio della cha’lla, ovvero del rituale per chiedere alla Virgen de Copacabana di benedire la propria mobilità. La piazza centrale è stracolma di bancarelle che vendono tutti gli addobbi necessari, e la strada principale non è percorribile in quanto la fila di auto in attesa della benedizione arriva fino alla spiaggia.

Mi spiegano che ogni domenica qui è così, e le automobili nuove giungono da ogni dove della Bolivia per il rituale di buon auspicio. Dopo un paio d’ore passate in colonna (e per fortuna che i colleghi erano in fila dall’alba) ecco che finalmente ci raggiunge il prete con l’acqua santa. La patente di ognuno è posata all’interno del cofano, sopra il motore, e ai lati dell’auto sono presenti i due padrini dell’evento (in Bolivia è usanza nominare padrini per ogni sorta di evento). Il prete benedice l’auto, ci inzuppa con l’acqua santa, e dopo un’Ave Maria e un Padre Nostro, riceve la sua quota, e passa a benedire l’auto successiva.

A questo punto iniziano i festeggiamenti, e l’auto viene ricoperta con litri di alcool, di petali di fiori, di ghirlande, ecc. . Nel frattempo alcuni sparano piccoli petardi, altri cantano, ballano ridono o bevono.
Poco dopo si deve tornare al lavoro, tutti contenti però che la benedizione sia avvenuta. Il viaggio di rientro è andato benone, e chissà che non ci sia stato anche lo zampino della Virgen di Copacabana.

P.s. Ho avuto l’onore di essere la madrina dell’altra auto che abbiamo cha’llato, che seppur non nuova e non di educar es fiesta, è pur sempre diventata la rappresentanza di un legame forte fra me e i suoi proprietari.

domenica 12 dicembre 2010

Capitani dell'asfalto 3-I giovani lavoratori della 6 Agosto

Nella foto: lezione di capoeira con alcuni ragazzi

L’anno 2010 volge al termine. Il piano sarebbe quello di presentarvi tutte le bande di “capitani dell’asfalto” prima di gennaio, o perlomeno entro gennaio; perché sto lavorando ad una serie di interviste (a educatori e ragazzi) e nel prossimo semestre vorrei concentrarmi su questa nuova idea. I gruppi di ragazzi in situazione di strada dei quali non ho ancora parlato sono 2, oggi scelgo di presentarvi i giovani lavoratori dell’Avenida 6 Agosto.
Da circa due mesi, il mio collega Henry ed io, siamo stati incaricati di gestire indipendentemente le relazioni con i ragazzi della 6 Agosto. La formula ormai la conoscete: ogni mercoledì pomeriggio ci rechiamo sui luoghi di lavoro dei giovani e proponiamo attività che possono spaziare dal ludico al riflessivo.
L’Avenida 6 agosto si trova nella zona sud della città ed è incorniciata da officine meccaniche, locali con internet, fruttivendoli e negozi di idraulica, di per se l’Avenida, più che un luogo in cui incontrarsi, è un luogo in cui governano le automobili. Il livello di smog su questa grande strada è impressionante, a mio parere più che in altre importanti arterie cittadine.
Nella zona dove i ragazzi racimolano soldi ci sono due rotonde sempre stracolme di lamiera e pneumatici, rombi assordanti, fumante tossiche ed esplosioni di clacson.
Quello che da subito mi ha impressionato di questo gruppo è stata la mole di lavoro che riescono a reggere…rimangono in strada per ore ed ore e solo in pochi consumano clefa.
La droga di tendenza sulla 6 Agosto è l’erba, la ganja, la marijuana, probabilmente meno dannosa sull’arco degli anni, anche se per certi aspetti, altrettanto pericolosa, soprattutto a livello di relazioni sociali e di impegno nel perseguire una vita alternativa (qualora ci fosse il desiderio).
Molti giovani della 6 Agosto hanno anche altri lavori e praticamente nessuno è costretto a dormire in strada. Ognuno ha un tetto sotto al quale rifugiarsi di notte, la maggioranza vive ancora in famiglia nonostante le varie problematiche anche gravi. Parlando con loro risulta che nei rispettivi nuclei famigliari si incontrano gravi situazioni di alcolismo e posso dire che questa è la piaga più diffusa. Nessuno va a scuola o fa una vita da adolescente, qui probabilmente entra in gioco il nostro lavoro più importante.
Dovete sapere che la Fondazione lavora con questo gruppo solo da 6 mesi, pertanto attualmente siamo ancora in una fase di “presentazioni” e di raccolta dati sulle loro situazioni, il tutto chiaramente quando esiste un reciproco interesse di avvicinamento.
Normalmente ogni mercoledì pomeriggio insegno ai ragazzi capoeira, ma spesso dedichiamo il tempo al calcio e un paio di volte abbiamo anche suonato e cantato.
I giovani lavoratori della 6 Agosto sono tranquilli e disponibili, rispetto ad altri gruppi dimostrano una maggiore sensibilità e una consolidata responsabilità…non ho ancora ben capito il perché, forse può dipendere dalla zona nella quale vivono, ma è solo un ipotesi. I negozianti e le persone che frequentano l’Avenida parlano male di loro…dicono che spesso si dedicano al furto, attualmente però questo non mi risulta.
Da circa un mese un ragazzino di 11 anni è “emigrato” dalla collina San Sebastian (vedi post precedenti) e si è trasferito sulla 6 Agosto (dormendo in alloggi o luoghi fortuiti). Il ragazzino quando viveva sulla collina consumava clefa…e nell’atto dell’emigrazione ha pensato bene di compiere anche un’azione di importazione della droga più a buon mercato della città. Nell’ultimo mese dunque la diffusione della clefa è aumentata un po’, però rimane comunque un fenomeno eccezionale, per ora.
Non molto distante dall’Avenida si trova un centro giovanile molto attivo al sud della città…i ragazzi lavoratori lo frequentano regolarmente e sicuramente questo può ricollegarci al fatto che risultano più educati, disponibili, sensibili.
Lavorare con la 6 Agosto per me è meno difficile; altri gruppi della città richiedono molta più attenzione, tensione e prudenza. Sotto alcuni aspetti ammiro i giovani uomini della 6 Agosto, maturati in fretta e con una dignità invidiabile.

lunedì 6 dicembre 2010

Il centro di Cocha


Martedì 30 novembre 2010, ore 09.00

Dopo la solita colazione con caffè e biscotti, sono pronta per infilarmi nelle caotiche vie del centro di Cochabamba. Stamattina infatti niente “educar es fiesta”, recupero le ore lavorate di sabato pomeriggio.

Gli obiettivi della mattinata sono semplici: spedire due pacchetti – direzione Suiza- comprare le prime cartoline di Natale e trovare un parrucchiere per tagliarmi finalmente i capelli. Per le prime due attività nessun problema; per il parrucchiere invece ho dovuto chiedere informazioni a Matteo (lavorando in centro lo conosce molto meglio di me che invece lavoro in una zona più periferica). “Vai a Plaza Colon, lì inizia la St.Martin, e inizia anche la via dei parrucchieri”.

Esco di casa tranquilla e felice di poter girovagare per il centro città; raggiungo l’America ed aspetto con pazienza il Micro 9 oppure J. Nell’attesa, numerosi taxi rallentano e suonano il clacson sperando che accetti un passaggio, ma non hanno fortuna. Poco dopo ecco il Micro 9, salgo, pago all’autista i soliti 1,50bs, e prendo posto. In meno di dieci minuti (se non c’è traffico) sarò in centro.

Il Micro percorre l’America, che oramai conosco quasi perfettamente e svolta a destra all’incrocio con la Libertador Simon Bolivar, dove ci sono due banche, un internet café, e i soliti giovani ragazzi che fanno i giocolieri o puliscono i vetri delle auto ferme ai semafori.

Passiamo davanti allo Stadio Felix Capriles, e ancora mi domando come mai all’entrata ci siano un’infinità di bancarelle con oggettistica per i nostri amici a quattro zampe. Passiamo anche Plaza de las banderas e finalmente siamo sull’Ayacucho; il suo inizio è un tripudio di eleganza e magnificenza. Numerosissime infatti sono le boutique che vendono vestiti da sposa di ogni tipo, genere, prezzo e qualità.

Pochi incroci, ed eccomi finalmente nel centro più centro della città di Cochabamba: incrocio fra Ayacucho (che taglia la città fra sud e nord) e Heroinas (che taglia la città fra ovest e est). La Posta si trova esattamente su questo incrocio e all’entrata sono posizionate strategicamente una decina di bancarelle specializzate nella vendita di buste, scotch, colla, carta, cartoline regalo, peluches, penne, pennarelli, cartoni e batterie. Poco più in là, altrettanto strategicamente ci sono alcune donne sedute su alti sgabelli che ininterrottamente annunciano il cambio del giorno dollari-bolivianos, che varia dai 7.00 ai 7.04 se sei fortunato. Alle loro spalle inizia il mercatino del libro, dove puoi trovare davvero di tutto a prezzi davvero modesti; molti dei libri sono fotocopiati, ma se non lo sai, nemmeno te ne accorgi.

Spedisco i miei due pacchi e decido di tornare più tardi all’incrocio per comprare le cartoline, prima vorrei trovare un parrucchiere. Decido dunque di dirigermi verso la St. Martin ed inizio a percorrerla verso sud. Quello che incontro durante il cammino sono numerosissimi ottici, negozi di vestiti da ballo (a destra solamente vestiti azzurri, sulla sinistra solamente vestiti rosa), piccole bancarelle con frutta coloratissima, donne che vendono calze e scarpe, alcuni poliziotti con le loro armi ben in vista, ancora ottici, negozi che vendono elettrodomestici, alcuni mendicanti al lato della strada, incontro gente, tanta gente, gente del campo e gente di città, turisti (pochi) ed anziani (tanti). Dopo più di 15 minuti di cammino, penso che forse dovrei farmi fare un preventivo per un paio di occhiali nuovi: qui infatti di parrucchieri non se ne vedono, mentre se cerchi un ottico hai davvero l’imbarazzo della scelta. E ho la conferma che non sono nel posto giusto quando arrivo all’incrocio con l’Aroma, ovvero dove inizia a farsi sentire il brulichio di voci sovrapposte e l’odore di fritto, carne esposta al sole e urina che in alcune zone caratterizza la Cancha.

Forse Matteo si è confuso, e la strada dei parrucchieri è la parallela alla St. Martin; ritorno dunque verso nord percorrendo la 25 de Mayo. Quello che incontro su questa strada sono negozi esageratamente grandi per festeggiare i 15 anni dei giovani cochabambini, e per far divertire i più piccoli con giocattoli di ogni genere. L’interminabile vista di colori, ghirlande, manifesti di buon compleanno e torte, si interrompe con i punti vendita dei materassi; alcuni oltre ai materassi vendono letti, divani-letto, divani, poltrone e specchi. Poco più a nord ecco che è il turno del lutto, e sui marciapiedi sono esposte bare di ogni genere e qualità.

Niente da fare, ancora nessun parrucchiere. Decido come ultima soluzione di dirigermi verso Plaza Colon, come mi aveva suggerito Matteo, e finalmente dopo più di mezz’ora passata a passeggiare per le vie del centro, ecco 5, 10, 15, 20 parrucchieri ad attendermi! Stamattina mi sento fortunata, uno dei saloni è vuoto è all’interno c’è una giovane parrucchiera, entro ed inizio a conversare con lei. Solite chiacchiere fra donne.

Il centro di Cochabamba è così: diviso per oggettistica, e se ti sbagli, difficilmente riuscirai a trovare quello che cerchi.

mercoledì 1 dicembre 2010

Tragicomica Bolivia 2

Chissà, forse l’unico modo che trovo per parlare di certe cose è questo: buttare le ossa su un divano duro, in compagnia di una birra acquosa e scrivere storielle che potenzialmente fanno sorridere. Forse non è l’unico modo possibile, ma me gusta, mi diverte…se poi ci sia effettivamente da ridere, questo si può mettere in discussione, sono il primo a farlo.

La formula la conoscete (vedi post precedenti), ho concentrato diversi aneddoti in una sola giornata, pertanto la storia è semi inventata, ma basata su fatti realmente visti o accaduti. Eccovi dunque la seconda peripezia.

Quel mattino, il giovane e volonteroso volontario Matteo, stava blandamente sorseggiando un caffè poco convincente. Anche se da fuori non sembrava, nella sua testa si urtavano un sacco di pensieri, da poco aveva accettato un nuovo incarico; era diventato il responsabile del personale volontario della Fondazione per la quale lavorava. Questo comportava soddisfazione e nuovi interessi, ma anche responsabilità e una superiore mole di lavoro.

“Bravo, Matteo, bravo, grazie”, gli dicevano tutti. “Piano, con, la legna, verde”, pensava lui celando il rimorso con sorrisi di lama.

Finì il caffè e contemporaneamente aprì il giornale; subito si incuriosì un po’ per un articoletto che si trovava lateralmente rispetto alla pagina. Il testo diceva che in un quartiere periferico di Cochabamba, alcuni abitanti avevano diffuso la voce che un altro uomo, anch’esso abitante della zona, era uno stregone. L’uomo inizialmente non ha negato, anzi, si è sentito d’improvviso potente ed influente. Pochi giorni dopo la diffusione della notizia, un anziano del quartiere si è ammalato…e gli abitanti hanno incolpato il presunto stregone. A questo punto lo “stregone di fama” ha iniziato a negare la sua identità fittizia, ma troppo tardi, ormai la credenza si era instaurata e diffusa nel quartiere periferico. Gli abitanti hanno decretato, in un’opera di Giustizia Comunitaria (molto usata in tutta la città), che se il vecchio fosse morto per la malattia in corso, lo stregone sarebbe stato giustiziato nel modo in cui la tradizione prevede. Lo stregone di fama si è appellato alle autorità, ha urlato per strada di non essere quello che tutti pensavano che fosse. Il problema è che dopo un mese di infermità, l’anziano è deceduto. Lo stesso giorno gli abitanti del quartiere hanno scavano una fossa e ci hanno seppellito dentro lo stregone vivo, così come vuole la tradizione.

Matteo non era più incuriosito dalla cosa, ne era totalmente sconvolto, sentiva il caffè che voleva tornare su dallo stomaco; si convinse in fretta che mai avrebbe lasciato credere ad altri di essere ciò che non era.

La notizia esercitò l’effetto di un brutto sogno, ci volle un po’ per smaltirla.

Comunque dopo aver richiuso il giornale Matteo salutò Nicole ed uscì di casa. Un trufi numero 130 sarebbe passato di li a poco. L’audace volontario attendeva sul marciapiede, a pochi metri un gruppo di circa 30 cani lo osservava probabilmente interessato alle sue polpose natiche. In lontananza Matteo scorse in avvicinamento, una specie di macchina da “ritorno al futuro”, una specie di bolide anni ottanta che stava detonando scorregge realmente disturbanti a quell’ora del mattino. Ebbene si, quell’obbrobrio era il trufi che stava aspettando.

“Bene, la linea 130 ha fatto nuovi acquisti”, pensò. La turbottanta si avvicinò, fermandosi al cenno di Matteo. Gasava esageratamente, puzzava esageratamente, vibrava esageratamente. Nell’atto di entrare all’interno della turbottanta il volontario si rese conto che ci stavano solo 3 persone oltre al conducente. Ma come può un veicolo di soli 3 posti passeggero, diventare un mezzo pubblico della linea 130, gestita in parte dal comune di Cochabamba?. Chiuse la porta e si sentì come se stava andando in discoteca con altri 3 amici gasati. Il conducente era un tipetto tracagnotto, eccitato e ingellato, muoveva la testa a ritmo di una cumbia versione metal, a Matteo fece schifo…non la cumbia. Il trufi partì ed allora fu chiaro che al tipetto piaceva la velocità. Al primo semaforo fu chiaro anche perché l’autista gasava così tanto quando l’auto era ferma o rallentava…il minimo del motore non reggeva e senza gas l’auto si spegneva…durante il tragitto si spense una quindicina di volte e ogni volta era una faticaccia dell’ingellato per riavviarla. Non era poi sto gran bolide. Il pezzo forte era un pulsante installato sotto al pomello del cambio, una specie di contatto elettrico che il tracagnotto azionava quando avvistava belle ragazze…ebbene si, la turbottanta emetteva il classico fischio di sessuale apprezzamento: fi-fiiuu. Matteo era sbalordito, ma in fondo anche un po’ divertito dalla cosa.

Il volenteroso volontario arrivò in ufficio puntuale, dunque tirò fuori la crema solare, se la cosparse su braccia e volto e si piazzò spaparanzato su un prato adiacente per abbronzarsi un po’, di tempo ce ne sarebbe stato e il sole del mattino era perfetto. Mezz’ora dopo giunsero gradualmente gli altri componenti dell’équipe di educatori di strada…dopo gli scambi verbali di rito montarono sul furgoncino e si direzionarono verso il covo dei ragazzi dell’Avenida America (vedi post precedenti). Matteo aveva imparato a guidare a Cochabamba, diventando anche l’autista ufficiale della sua équipe, la cosa lo rilassava, la guida in quella città era caotica, ma molto creativa e fantasiosa, solo gli artisti facevano respirare il proprio monossido agli altri. Quasi nessun boliviano aveva la patente, costava troppo e i mezzi di strasporto erano ovunque.

Arrivati al tunnel dentro al quale dormivano i Cleferos, il giovane educatore si sporse per salutare i membri della banda, che ormai conosceva da quasi 4 mesi.

“Buongiorno amiciiiiii, andiamo all’attività di oggi?” disse forte ma con tono conciliante.

“Vas a la mierda Gringo de mierda!” fu la prima risposta che tagliente uscì dall’oscurità, urtando il simpatico volontario nell’animo.

Matteo aveva riconosciuto la voce, era Gregory (i nomi sono fittizi), famoso per essere lunatico.

Gregory usci a passo spedito dal tunnel pochi istanti dopo, si stava facendo, andò incontro a Matteo e lo abbracciò. “Hola amico, come ti va oggi? Andiamo all’attività dai” disse come se nulla fosse.

“Claro que si”, pensò l’educatore increspando appena la bocca e sbarrando un po’ gli occhi.

Il “cipolla” (vero soprannome) uscì anche lui dal tunnel; era un ragazzo sulla ventina magro magro e sempre in pista con la colla. Era diventato amico di Matteo perché entrambi amavano le arti marziali. Il cipolla saltò sulla schiena dell’educatore, gli stropicciò i capelli, gli sfregò la faccia con le mani, gli fece solletico. Matteo apprezzava i gesti affettuosi del giovane tossicodipendente, senza però potersi scordare del fatto che il “cipolla” era stato ribattezzato con quell’appellativo, proprio perché come la cipolla, puzzava fino a farti lacrimare. Matteo sorrideva al cipolla, ma nel suo stomaco il caffè riprese ad animarsi, soprattutto quando notò che quel giorno il clefero, aveva deciso che il naso si soffiava direttamente nelle mani.

“Meglio non indagare su cosa mi ha lasciato fra i capelli” pensò affranto il volenteroso volontario.

La terza persona ad uscire dal tunnel fu Ellis, una ragazzina di tredici anni da poco arrivata sulla strada. Normalmente quando una ragazza nuova si vuole aggregare ad un gruppo, deve fare dei favori ai leader maschi, Ellis era proprio in quella fase, ma stava vivendo la cosa come un’avventura. Dopo alcuni scambi con Matteo Ellis se ne uscì con la seguente affermazione:

“A me piace un sacco stare qua amico…solo sono un po’ tanto preoccupata per Ale (altra componente che ancora stava dormendo nel tunnel con sua figlia); ho paura che vengano le autorità e le portino via la bimba, perché è troppo piccola per stare in strada”

“Ragazza, se le autorità arrivano la prima che portano via sei tu, tredicenne e sessualmente sfruttata” disse Matteo senza riuscire a trattenersi o ad essere un po’ più diplomatico e pentendosi di ciò.

Ellis sgranò gli occhi e disse “Hai ragione!!!”. Bene, nessun danno morale.

Gli educatori con una decina di ragazzi, si recarono ad un parco molto bello che si trovava nelle vicinanze, l’attività si svolse senza particolari attriti.

La giornata lavorativa di Matteo volgeva al termine, come spesso capitava era stata abbastanza provante. Salutò i colleghi e decise di fare due passi al mercato principale, la Cancha (vedi post precedenti). Rimase molto colpito da una fila di circa venti uomini. Tutti erano li in attesa di qualcosa, questo si notava, ma non era facile capire di cosa. Solo dopo aver visto un particolare Matteo si rese conto della reale situazione. Ogni uomo aveva davanti ai piedi una valigia da lavoro in cuoio, ogni valigia indicava una scritta differente a caratteri cubitali: giardiniere, idraulico, vetraio, falegname, cuoco, elettricista, muratore, carpentiere, macellaio…

Gli uomini aspettavano il lavoro, si, le persone potevano passare in auto e caricarsi qualcuno di quei professionisti per portarselo a casa in cambio del suo onorario. Matteo pensò che i Boliviani non erano affatto ipocriti in merito alla tematica del lavoro nero, tutt’altro, molto sinceri ed aperti.

Stava arrivando la sera quando Matteo decise di tornare a casa, dopo il viaggio saltò giù dal trufi e camminò verso il cancello esterno della sua abitazione. Proprio li vide Nicole avvicinarsi a sua volta, insieme dunque entrarono e si diressero verso la porta della casa. Con sgomento e raccapriccio, dopo diversi tentativi, si resero conto che la serratura era morta e che erano rimasti chiusi fuori. Per un paio di minuti si dedicarono alle imprecazioni più improbabili, poi ripresero le funzioni e decisero di chiedere alla padrona della casa il numero di un tecnico delle serrature. Matteo suonò il campanello della donna, che viveva nel suo piccolo condominio, proprio di fronte all’appartamento indipendente in cui risiedeva la coppia ticinese.

“Buonasera signora, scusi tanto il disturbo, necessitiamo il numero di un tecnico per serrature, siamo rimasti chiusi fuori casa”

La padrona di casa non è mai stata famosa per la sua lucidità o per la disponibilità, ma la risposta che diede quella volta fece morire qualcosa nella parte speranzosa dell’animo del giovane volontario.

“Come? Ma scusa non può aprire la tua ragazza da dentro? Oppure non potete entrare dalle finestre? Tanto è a pianterreno!”

Ci furono circa cinque secondi di silenzio, la signora volendo avrebbe addirittura avuto il tempo di rendersi conto della blasfemia appena pronunciata…ma nulla.

“Signora, le spiego, io e la mia ragazza siamo chiusi fuori casa, lei non è dentro, anche perché se no la porta l’avrei trovata aperta e in ogni caso, mi avrebbe potuto aprire una finestra, visto che siamo a pianterreno. Inoltre le finestre sono chiuse da dentro e la mia ragazza non è dentro, è fuori con me”

“Ok, allora vuoi un numero di un tecnico…peccato però spendere soldi per un tecnico se ci sono delle alternative”

“Signora molto gentile grazie…preferiamo un tecnico, ormai preferiamo…che dire…un tecnico, per le alternative meglio un’alta volta”.

“Certo certo capisco”

Il tecnico arrivò circa un’ora dopo, nel frattempo Matteo e Nicole rimasero seduti sul marciapiede fuori casa, la serata era tranquilla, si sentivano i grilli nel parco, il cielo era terso e una brezza rilassava gli animi.

I due si stavano raccontando le rispettive giornate a vicenda, si dicevano delle soddisfazioni provate e delle miserie osservate, quando una specie di visione comune li lasciò allibiti. Con un rombo di tuono realmente abominevole sbucò dall’angolo della strada, venendo in loro direzione, una vera e propria AUTO DA FORMULA1!!! A bordo c’era uno sulla sessantina che sembrava europeo o americano, ma che avrebbe benissimo anche potuto essere argentino o qualcosa del genere. Il tipo si stava facendo un giretto per Cochabamba sul suo giocattolino, magari era la sua auto numero quindici o roba simile, sta di fatto che, al di la delle congetture della giovane coppia, l’auto sfrecciò davanti ai loro occhi e sparì nella notte con un lamento di benzina che arde. I due rimasero muti, entrambi guardando nella direzione in cui un attimo prima c’era l’AUTO DA FORMULA 1!

“Tu l’hai vista?” Chiese Nicole a Matteo.

“Sisi”

“Non ti pare un po’ paradossale come possedimento, qui in Bolivia?”

“Sisi”

Che dire, le giornate in Bolivia, riuscivano sempre a stupire in qualche modo.

Alla prossima peripezia.

Un abbraccio

Matteo