domenica 26 settembre 2010

Enfermedad

Un breve racconto che descrive un episodio particolare vissuto in prima persona, utile per discutere brevemente dei diversi sistemi sanitari possibili.

E come molti amici e conoscenti avevano già previsto…eccoci qui a raccontarvi della prima “intossicazione alimentare”. Colpa di quella maledetta salteñas (pasta sfoglia ripiena con carne di pollo o maiale, verdura, uovo, e molto altro). In Bolivia le salteñas sono particolarmente indicate per il pasto di metà mattinata e attorno alle 11.00 le piccole economie informali delle cholitas vengono prese d’assalto. Matteo ed io non siamo molto tradizionalisti e l’altra sera ce ne siamo mangiate due verso le 20:00. La tradizione però spesso è influenzata da una logica molto più razionale di quanto si possa pensare… Infatti la sera stessa i primi sintomi: diarrea e forte mal di stomaco. E il giorno dopo si corre in una clinica del centro.
Il primo contatto con un sistema sanitario senza assicurazione obbligatoria.
Arriviamo alla ricezione de Los Olivos, uno dei migliori ospedali della città, consigliato da Barbara, amica infermiera, che gentilmente ci ha fatto anche da guida in quest’avventura. I primi passi alla ricezione sono facili: nome, cognome, cognome della madre da nubile (?), data di nascita, numero di telefono. Ci dicono di entrare nella porta di fronte, dove troviamo alcuni medici e infermiere seduti ad un tavolo. “Sintomi?!”, mi domandano. Cerco di essere il più chiara possibile, anche se a volte mi sento ancora un po’ a disagio a parlare en castellano. Ci rimandano fuori perché è in arrivo un paziente più grave che purtroppo ha preso un infarto. Qualche istante e vediamo il signore in questione passare davanti a noi sulla barella, con famiglia al seguito. Immediatamente capisco che qui le cose funzionano in maniera un poco diversa.
È il nostro turno: un’infermiera ci accompagna alla ricezione del reparto di gastroenterologia. Idem come sopra: nome, cognome, cognome della madre da nubile (?), data di nascita, numero di telefono. E qui ci chiedono se la visita è per tutti e due, “No, solo per me”, “Dunque, da pagare subito, 150 bolivianos”. Pago e con i dolori addominali che non smettono di farmi una spiacevole compagnia, attendo insieme a Matte e Barbara, e penso che dal Dr. Lepori sarei potuta andare tranquillamente da sola.
Una decina di minuti e il medico ci accoglie nel suo studio. Stesse informazioni: nome, cognome, cognome della madre da nubile (?), data di nascita, numero di telefono. Allergie? Assumi medicamenti particolari? Sei incinta? Ciclo mestruale? “No”, “Come no?”, “Non attualmente….”, “Ma solitamente regolare?”, “Si, tutto regolare (a parte l’imbarazzo di non saper parlare al meglio la tua stessa lingua)”. Bene, possiamo spostarci di là per la visita.
Qui tutto mi appare abbastanza chiaro: stetoscopio, controllo degli occhi, delle ghiandole linfatiche e controllo dello stomaco e dell’addome attraverso l’uso delle mani. Mentre misuro la febbre, il medico rientra nel suo studio e Matteo nell’attesa gli domanda: “Dottore, io ho gli stessi sintomi ma più deboli, cosa dovrei fare?”. Risposta del medico: “Non saprei…il consulto pagato non è per lei”.
Rientro anch’io nello studio e il medico comincia a scrivere l’elenco dei medicinali da prendere. Perdo il filo della conversazione dopo il primo punto “antibiotico”. Non sono né medico né infermiera, ma immaginare di prendere un antibiotico dopo un giorno di malattia e senza alcuna analisi non mi fa molto piacere…lo lascio continuare dunque, e alla fine la ricetta arriva a quota quattro medicamenti. Successivamente il medico compila l’elenco delle analisi che dovrò fare domani mattina (mi sembra lunghissima ma Barbara fortunatamente mi rassicura, tutto abbastanza regolare). Aggiunge il suo numero telefonico all’elenco delle analisi e mi avvisa che dovrò chiamarlo appena avrò i risultati, così potrà darci una risposta in merito, ed eventualmente modificare la cura.

Ci dirigiamo alla ricezione delle analisi, dove mi consegnano un vasetto per le feci e uno per l’urina. Mi spiegano che quest’ultima dovrà essere la prima della giornata, mentre per le feci è uguale in quale momento della giornata riempirò il mio vasetto. Domani mattina, quando consegnerò il tutto, mi faranno anche i dovuti prelievi di sangue.

Prima di andarmene decido di passare comunque dalla farmacia interna per prendere uno dei quattro medicamenti consigliati, perché il dolore è ancora abbastanza forte e la febbre non mi abbandona. Qui mi dicono che prima devo passare in cassa a pagare…poi mi daranno le medicine.

Il mattino seguente sono in fila alla ricezione con il mio sacchettino contenente il materiale per le analisi, e così altre numerose persone davanti a me. Arriva il mio turno e mi avvisano che prima è necessario passare in cassa per pagare le relative analisi, e solo successivamente, con la ricevuta, si potrà procedere (avrei dovuto saperlo…). Dunque torno alla cassa, pago il dovuto, e mi rimetto in fila. Di nuovo il mio turno. Consegno il materiale, e mi domandano “L’urina è di questa mattina?” “Si, di stamattina”, “E le feci?”, “Di ieri sera”, “Ah….però non vanno bene…devono essere al massimo di un’ora prima dell’analisi”. Mi consegna dunque un altro vasetto, e tentare di spiegare che ieri mi avevano detto un’altra cosa non serve a gran che. È il momento del prelievo, mi fanno accomodare in una sala, e mentre l’infermiera mi sta togliendo il sangue, entrano nella stanza altre persone che salutano cordialmente, e si siedono di fronte a me a riempire i soliti moduli (nome, cognome, ecc.). L’infermiera del prelievo è gentile, credo abbia intuito la mia paura dell’ago e così iniziamo a parlare un po’. Alla fine mi spiega che già stasera alle 18.30 potrò andare a ritirare i risultati delle analisi del sangue e dell’urina, ma si raccomanda di consegnare anche le feci, con al massimo un’ora di “vita” . (E qui un po’ inizio a iperventilare. Il medico infatti mi ha consigliato caldamente di non mangiare niente di solido per almeno due giorni, ed io invece dovrò defecare fra le 17:30 e le 18:00.)

18.30 ritiro le analisi, e consegno il mio vasetto. L’infermiera lo osserva e in maniera non troppo dispiaciuta mi dice che non ci sono abbastanza feci per il prelievo. (Ma scusa, già è difficile defecare su appuntamento… se oltretutto non puoi mangiare niente di solido!). Mi consegna un altro vasetto: dovrò ritentare. Fortunatamente osservo le analisi del sangue e dell’urina e tutto sembra regolare. Chiamo Barbara che conferma che tutto è normale, e decido che non chiamerò il medico. In fondo sto già meglio. Credo davvero che la mente possa avere un enorme potere sul nostro corpo. Oggi sto meglio, sono guarita. Continuo a mangiare zuppette, onde evitare altri spiacevoli inconvenienti, ma sto bene. Stamattina sono anche andata a suonare i tamburi con la mia equipe.

Prima di venire a Cochabamba ho lavorato per sei mesi a contatto con persone che avevano dei problemi con l’assicurazione malattia obbligatria in Svizzera…ed effettivamente, anche se i nostri servizi sono eccellenti, qualcosa sembra non funzionare se i morosi sono così tanti un po’ in tutto il Cantone. A Cochabamba non esiste un’assicurazione sanitaria obbligatoria, e i servizi sono tutti a pagamento, motivo per cui non tutti possono accedere alle cure di base. Spesso, come già scritto in un post precedente, vanno per la maggiore rimedi naturali, tramandati di generazione in generazione.


P.s La malattia mi ha resa comunque creativa...



4 commenti:

  1. Accidenti stella che avventura! Deve essere stato parecchio pesante tutto questo tran tran visto che oltretutto non stavi bene, per fortuna si è sistemato per il meglio e ora sei tornata in forma.
    Un abbraccio pieno di energia!

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  2. Con i vostri racconti fate compagnia a una povera educatrice durante le sue notti lavorative insonni.. un bacione

    ps: complimenti per la vena artistica ;)

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  3. :-)Tu sei sempre stata creativa.. :-)
    con affetto mamma

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  4. Ciao cara, sono contenta che ti sei ripresa bene. Cose che succedono..i primi tempi.
    Forza. E a presto.
    Lucia

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