domenica 27 marzo 2011

Intervista a Barbara, responsabile area salute

Intervista

Barbara, infermiera volontaria Fondazione “Estrellas en la Calle”

Focus: area salute, intervento specifico

Generalità?

Sono Barbara, ho 33 anni, sono Ticinese, vengo dalle Centovalli e sono infermiera.

Qual è il tuo ruolo all’interno della Fondazione?

Sono responsabile dell’area “salute”.

Da quanto tempo?

Dal giugno del 2008, ho trovato questo posto di volontariato tramite l’Associazione Inter-Agire.

Di cosa si fa carico l’area professionale della quale sei responsabile?

Lavoro nei 3 progetti della Fondazione, con ragazzi “ad alto rischio”, con i ragazzi che vivono in situazione di strada e con i bambini più piccoli, che vivono in strada o nelle famiglie “a rischio”.

Con quali strumenti e metodologie lavori?

Lavoro con lezioni su diversi argomenti, che hanno scopi preventivi. L’idea è sempre quella di partire da ciò che le persone in situazione di strada già sanno, per poi costruire un “sapere” che possa permanere nella loro consapevolezza. Gran parte del lavoro, al di la di queste piccole lezioni, lo svolgo durante colloqui più personalizzati ed individuali con i ragazzi e le ragazze, direttamente in strada.

Quali sono le principali difficoltà nel lavoro che svolgi?

I ragazzi principalmente non si rendono conto, non hanno coscienza dell’importanza della loro salute; sto parlando nello specifico dell’importanza di farsi curare, dei avere un igiene adeguata.

Entrando nello specifico del progetto Coyera; tu lavori con giovani in situazione di strada. A livello fisico e di salute in generale, come vivono questi giovani?

Non vivono molto bene, soprattutto a causa degli effetti che la colla che inalano produce a livello organico. La clefa attacca il sistema polmonare e respiratorio, a livello neurologico attacca il sistema nervoso, a lungo termine perdono la sensibilità nelle gambe e rimangono paralizzati. Per la mancanza di igiene insorgono molte malattie della pelle; fra di loro esistono anche tante malattie a trasmissione sessuale come ad esempio l’HIV. Le gravidanze sono abbastanza fuori controllo.

La clefa rappresenta l’unica sostanza dalla quale sono dipendenti o che consumano?

No, dalla clefa, dall’alcool e da diverse altre droghe (cannabis, pasta base, cocaina…).

Quali sono, nella tua area, le principali necessità d’intervento?

I ragazzi sono abbastanza violenti, pertanto spesso intervengo in casi di ferite. Secondariamente le già citate malattie a trasmissione sessuale sono come detto molto diffuse, infatti molte ragazze si prostituiscono. Un terzo campo è quello delle gravidanze, che vanno seguite e supervisionate.

Tu pensi che ci sia un’età media della morte di queste persone?

Non credo ci sia un’età media, ma so che spesso non arrivano ai 30 anni. Spesso le cause sono i suicidi, le infezioni o gli effetti a lungo termine di clefa e alcool.

Qual è la loro relazione con gli ospedali e i medici?

Hanno sempre abbastanza timore di andare da soli nei centri medici quando ne hanno bisogno, perché hanno paura di essere rifiutati o discriminati. Bisogna sempre o spesso accompagnarli. Spesso i medici li giudicano apertamente e questo a loro non piace.

Io lavoro molto sulla prevenzione, l’aumento della consapevolezza della loro salute e l’accompagnamento.

Ti è mai capitato di dover effettuare interventi di emergenza direttamente in strada?

Direttamente in strada no, anche se spesso ho dovuto curare piccole ferite e una volta mi è capitato di constatare un decesso.

Come pagano le cure?

Normalmente non si responsabilizzano nel pagamento, ci sono centri che danno cure gratis oppure con riduzioni di prezzo. Spesso la Fondazione li appoggia con una parte del saldo.

Il Governo o il Dipartimento si prendono carico di queste spese?

No e spesso e volentieri anche l’ospedale pubblico li rifiuta.

Una volta passati per una malattia, un’infezione, una diagnosi o una ferita grave, tendono a tornare in strada o a far scattare il desiderio di cambio?

La maggior parte tende a tornare in strada, sono pochi quelli che sono spinti a cambiare vita, questo anche se sono affetti da malattie abbastanza gravi. Secondo me sono troppo abituati alla vita di strada e al consumo, questo li limita o li blocca.

Quali sono le sensazioni positive o negative che trai dal tuo lavoro?

A me fa sempre piacere quando queste persone ti riconoscono come un professionista della salute, dunque quando hanno qualcosa ti cercano, vengono da te spontaneamente, ti chiedono, si confidano…questa cosa all’inizio non era facile…ci vuole abbastanza tempo per instaurare una relazione di fiducia.
Le sensazioni negative o frustranti arrivano quando dopo cure, trattamenti, lavori di sensibilizzazione ed educazione relativi alla gravità della loro condizione, comunque non arrivano alla decisione di cambiare vita. A volte non capisco come non possano rendersi conto della gravità della situazione.

Nessun commento:

Posta un commento