sabato 9 ottobre 2010

Capitani dell'asfalto 2- La banda della Collina San Sebastian

nell'immagine: Vista sulla zona sud di Cochabamba, durante una giornata uggiosa.


Credo che sia arrivato il momento di presentarvi il secondo gruppo di persone, per ordine di importanza in quanto ad ore lavorative della Fondazione, con le quali sono in contatto. Il mese scorso ho scritto dei giovani lavoratori della chilometrica Avenida America (vedi post precedenti); oggi scelgo di scrivere della seconda banda più criminosa fra i Cleferos di Cochabamba, composta dai cosiddetti chicos della Collina San Sebastian.

Tengo a precisare brevemente che, fra il grande giro dei Cleferos, la banda più operosa nell’attività delinquenziale risiede nella zona nord dell’Avenida Antezana, solitamente queste persone alloggiano sugli argini del fiume. Da diverso tempo la Fondazione Estrellas en la calle ha smesso di lavorare con la banda dell’Antezana, in quanto i membri spesso indossavano armi da fuoco e rifiutavano manifestamente il contatto e la presenza degli educatori di strada.

I ragazzi della Collina San Sebastian si contraddistinguono dagli altri gruppi che si trovano in situazione di strada, soprattutto per il consumo di sostanze stupefacenti e di alcool. L’abuso di droghe da inalazione, alcool e altre sostanze infatti, in generale è di gran lunga superiore a quello che si può trovare in altri contesti di strada. Questo fatto genera un maggiore bisogno di soldi, che verranno utilizzati per l’acquisto delle droghe. Il circolo vizioso non si chiude qua, più consumo significa più bisogno, chiaro, però significa anche più degrado comunitario e fisico. Se i giovani dell’Avenida America dedicano molte ore quotidiane alla pulizia dei vetri delle automobili, con lo scopo di guadagnare i soldi per cibo e droga, le persone che vivono sulla San Sebastian non sono in grado, o non sono disposte a lavorare. Generalmente, con l’eccezione di piccoli e brevi impieghi, i membri della banda vivono di furti e rapine. L’età media del gruppo è maggiore rispetto a quella di altre comunità urbane, questo fa si che gli anni di tossicodipendenza sono di più per ogni singolo componente. “Quelli della San Sebastian” sono temuti fra le altre compagnie della città…e loro stessi tengono molto a definirsi “pericolosi”…in effetti, pensandoci bene, la loro nota e presunta pericolosità, è tutto ciò che gli rimane.

Spesso le rapine effettuate da queste persone, avvengono ai danni dei turisti, ma non ci sono regole per loro. I giovani rubano anche a boliviani, come ad esempio a venditori cittadini. Alcuni mercanti della Cancha (vedi post precedenti) e proprietari di banchi di vendita, quando riescono a prendere un reo membro della San Sebastian, con meticolosità lo riempiono di botte fino a ridurlo veramente male; questo non serve molto a convincere il ladro a non ripetere il crimine.

Ogni mercoledì mattina, con l’équipe di educatori, organizziamo un’attività per la banda della San Sebastian; spesso loro vogliono giocare a calcio ed altrettanto spesso l’attività si rivela un caos totale, con persone che si rifiutano di lasciare il “volo” (ormai dovete sapere cos’è! In caso contrario vedi post precedenti), che diventano aggressive, che minacciano gli educatori chiamandoli “baticola” (pettegoli). In questo caos, da diverso tempo ormai, riesco ogni mercoledì mattina a parlare più o meno tranquillamente con alcuni componenti del gruppo. Spesso quando parlo con loro, mi rendo conto che le conversazioni tendono sempre verso tematiche ben precise, come le abitudini criminali, i figli che non si riescono a mantenere, la droga e le armi. Non a caso questo post è iniziato con una sorta di breve classifica…il gruppo della San Sebastian è il secondo gruppo più criminoso fra i Cleferos di Cochabamba…cavoli…il secondo!

La cosa non mi spaventa…perlomeno non tanto quanto il fatto che loro vorrebbero essere il primo. Eppure, pensandoci, nemmeno questo mi spaventa più di tanto…la cosa che forse mi spaventa di più, riguarda lo stigma che aleggia sopra a questi giovani. Socialmente, fanno parte del secondo gruppo più temuto, più odiato della città…socialmente dunque sono qualcosa! Accidenti, ma allora non è vero ciò che i loro genitori gli hanno dimostrato durante tutta l’infanzia…non è vero che non valgono nulla…non è vero che non sono capaci a fare nulla…non è vero che sono solo bambini da prendere a botte; ora sono cresciuti, fanno parte di una banda famosa in città, hanno imparato le leggi della strada, sanno usare i coltelli e sono abilissimi borseggiatori e tutti lo sanno…perfino la polizia. Lo stigma e l’etichetta sono accettati e questa è la cosa più pericolosa secondo me…alle altre bande lo stigma da qualche parte ferisce. A questo si aggiungono l’età e il pesante abuso, la totale dipendenza dalle sostanze più diverse. Il lavoro educativo in questo senso, è una sfida difficile, soprattutto per me che sono un educatore straniero ed appena arrivato in Bolivia. Attualmente comunque, stiamo lavorando con casi di giovani coppie di genitori della San Sebastian, che costantemente collaborano attivamente con la Fondazione, impegnandosi per raggiungere una migliore gestione della loro vita e della vita dei loro neonati; ogni mercoledì mattina all’attività sportiva e di dialogo, nonostante il caos, si presentano come minimo otto o dieci ragazzi, alcuni di loro conducono una vita meno degradata e con loro si riesce a parlare in maniera più costruttiva; alcune giovani coppie sono riuscite a trasferirsi in abitazioni e stanno seguendo un programma educativo di reinserimento sociale proposto dalla Fondazione.

L’aneddoto:

Mercoledì 6 ottobre 2010, alle nove del mattino è iniziata la solita partitella di calcio con i ragazzi della San Sebastian. In campo erano presenti quattordici persone, fra le quali io, altri due educatori e quattro ragazze piuttosto agguerrite e capaci; il resto era costituito da giovani in situazione di strada, tutti fra i 18 e i 28 anni. Sugli spalti del campetto erano presenti altre otto persone, fra le quali due educatrici, un educatore, un neonato e due coppie di genitori in situazione di strada. Dopo circa mezz’ora dall’inizio della sfida calcistica, è arrivato al campetto il Chiquito, un ragazzino di 12 anni, che subito ha voluto giocare, e che subito, ha iniziato a meravigliare tutti noi educatori per l’impegno e l’abilità che stava dimostrando. Aimè…il Ciquito però, quel giorno non desiderava accettare la regola del “vuelo”. Dovete sapere che durante le attività ci sono poche regole ma ben chiare. Rispetto, non violenza e non uso di droga. Per le persone che infrangono palesemente o con atti gravi, queste poche regole, non è previsto il consumo del pasto offerto alla fine dell’attività. Quel giorno, come dicevo, il Ciquito non la voleva piantare di farsi…giocava e tirava la colla…e più giocava e più tirava. La droga solitamente viene consegnata (quasi spontaneamente e a volte dopo estenuanti contrattazioni) dai ragazzi all’inizio dell’attività…gli educatori scrivono il nome della persona sul barattolo di colla e alla fine del programma educativo la sostanza viene riconsegnata al legittimo proprietario…in nessun caso gli educatori si permetterebbero di sottrarre con la forza o con l’inganno la droga alla persona partecipante. I Ciquito se ne infischiava delle richieste degli educatori…e sicuramente influenzato da una componente di orgoglio, dopo un po’ ha iniziato anche a rispondere male ai suoi compagni di banda, che a loro volta insistevano affinché lui consegnasse la colla (quando il gruppo si attiva per far rispettare le regole, per noi educatori è già un bel successo). Più volte la partita è stata sospesa…ma non c’è stato verso…il Ciquito voleva tirare mentre giocava. Alla fine dell’attività un educatore è andato a comprare il pranzo per tutti. Comprando il pasto in sacchetti, ai carrellini con cucinetta ambulanti, si riescono a spendere circa 0.50 Chf per persona. Al ritorno dell’educatore addetto al pasto, il Ciquito si è effettivamente reso conto che per lui di sacchetti non ce n’erano…pertanto…è scoppiato in lacrime.

-Ho fame! E poi mi sono impegnato più di tutti!- si lamentava.

Era vero, aveva fame…e si era impegnato moltissimo…ma la Fondazione non ha come filosofia l’assistenzialismo, non ha scopi caritatevoli, il Ciquito faceva una gran pena a tutti, però quel giorno non avrebbe mangiato il pasto offerto…quel giorno aveva scelto di infrangere una regola molto importante, dalla quale possono partire molte possibilità di cambio, di sviluppo alternativo, un Clefero che rimane per 4 ore senza colla, diventa più aperto e disposto al dialogo.

Dopo un po’ che il Ciquito piangeva, con leggera sorpresa da parte di noi educatori, altri membri del gruppo hanno iniziato a chiedere che il più piccolo componente della banda ricevesse il suo pasto.

-Dategli il suo cibo! Ha giocato bene!-

Un ragazzo più grande si è addirittura commosso (ma in seguito abbiamo scoperto che era ancora ubriaco dalla notte prima).

-Piango perché il Ciquito mi ricorda il mio fratellino!- mi diceva alterato fra i singhiozzi.

È stato difficile gestire la situazione e nessuno si è sentito fiero del fatto che il ragazzino non stesse consumando il suo pranzo. Quello del Ciquito è solo un esempio…quotidianamente un educatore di strada può offrire qualcosa ad un ragazzo di qualche banda, e questo in cambio di nulla…la cosa forse può farlo sentire solidale per un po’, è bello vedere qualcuno che ha fame mangiare no?…ma nuoce alla condizione del giovane, che perde un’altra possibilità per fare i conti con la propria realtà. Nessun desiderio di venire via dalla strada nascerà in lui, se sulla strada troverà chi, a prescindere, gli regalerà ciò di cui vivere.

Un abbraccio

Matteo

3 commenti:

  1. Ciao Matte e Nicole,

    è difficile analizzare certe situazioni e valutare in ogni momemto cosa sia la cosa giusta da fare, soprattutto quando si è confrontati con la sofferenza degli altri (come un bambino di 12 anni che chiede da mangiare, mentre tutti gli altri mangiano) e vivendo in una realtà diversa. Vi ammiro per quello che state facendo: portare ordine nel caos, cercando di modificare le convinzioni di gente che probabilmente non ha avuto la possibilità di averne altre.

    Un abbraccio
    Nick

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  2. Grazie per il pensiero Nik...portare ordine nel caos è difficile...noi stiamo acquisendo degli strumenti di lavoro, imparando dagli educatori boliviani, per cercare di fare la nostra parte. Un abbraccio e grazie ancora. Matte

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  3. ....voi fate del vostro meglio,ne son certa,tante piccole gocce fanno il mare!

    mariagrazia

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