giovedì 14 ottobre 2010

Identità

Ricordo ancora con piacere uno dei primi esercizi importanti che ho dovuto affrontare il primo anno di SUPSI. Il professore voleva farci ragionare sulla percezione che possedevamo della nostra Identità Personale, e così mi sono ritrovata a scrivere della “Nicolità”, ovvero chi è Nicole, che identità si porta addosso, cosa la rappresenta. Con impegno ho redatto un paio di pagine che alla fine risultavano essere il riassunto della mia persona. Ma forse mi sbagliavo…perché cambiando contesto anche un po’ della mia “Nicolità” si va modificando.

In Ticino sono parte di una famiglia di ceto medio (se ancora esiste); i miei tratti somatici ricordano origini del sud, una pelle che con il sole diventa abbastanza scura, capelli e occhi castani e un cognome, Attanasio, che certo non fa pensare ad un’origine svizzera. Così mi riconosco nel mio paese. Così scriverei di me in Svizzera.

Qui le cose un po’ cambiano come già accennato. In soli due mesi più di tre persone si sono avvicinate a me parlandomi in inglese o chiedendomi indicazioni sull’ubicazione del “college americano”. Qui sono la gringuita, come mi chiamano affettuosamente i miei colleghi. Sono “quella del nord”, la persona ricca, la “rubia”, ovvero la bionda. Bionda?!Io?! Veramente ho sempre creduto di essere castana…

Uno degli aspetti centrali di questa esperienza è vivere e confrontarsi con lo schema mentale: boliviano o gringo. Al di là della banale schematizzazione che ci aiuta a situare ogni persona al proprio posto, è interessante notare come in fondo poi queste categorie si infrangono con pochi esempi.

Io sono la gringuita e svizzera-italiana; l’altro giorno ho tenuto in braccio un bambino boliviano, con capelli biondi e gli occhi azzurri, figlio di svizzeri francesi; ho discusso con un padre svizzero pensieroso per il rientro in patria, visto che i suoi figli sono nati e cresciuti in Bolivia; penso ai boliviani emigrati per questioni economiche in Europa in cerca dell’America; penso ad un amico angolano che da ormai cinque anni vive in Ticino e parla dialetto; penso alla sua compagna nicaraguense, con padre svizzero e madre nica; penso alla loro bambina in arrivo che non so esattamente quale nazionalità assumerà; penso a Jennifer Lopez una bambina di sette anni che è arrivata oggi per la prima volta all’attività organizzata da “educar es fiesta”; penso alla volontaria canadese che sta lavorando con noi da qualche giorno e per anni ha vissuto in Costa Rica; penso alla coordinatrice della fondazione di Matteo, assolutamente convinta che lui fosse colombiano; e penso a Kelly, la nipotina di una persona a noi cara qui a Cocha, che ha il privilegio di studiare il tedesco e l’inglese all’età di sei anni.

Solo alcuni esempi per ricordare che le categorie sono necessarie per affrontare la vita con maggior chiarezza e comprensibilità, ma sarebbe davvero un peccato non riuscire a vedere l’esistenza di infinite altre realtà che non si possono schematizzare.

2 commenti:

  1. Mi piace quello che hai scritto,riflettero sulle tue parole!..molto interessante...

    mariagrazia

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  2. è veramente interessante leggervi, tutt'e due!
    Enzo

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