venerdì 14 gennaio 2011

Capitani dell'asfalto 4-Costa Nera e Huayna Capac

La Costa Nera e il ponte Huayna Capac, sono due zone calde di Cochabamba per quanto riguarda furti, criminalità e degrado urbano. Certo non solo…la Costa Nera è uno spiazzo asfaltato piuttosto grande che costeggia il fiume Rocha, sul quale spesso vengono organizzate fiere, a volte luna-park e ogni tanto tornei di calcetto. Il fiume Rocha, per come la vedo io, fa fatica a mantenersi degno di nome…e questo soprattutto per colpa di molti cochabambini, che usano le sue ormai tossiche acque come wc, docce, lavanderia e lavaggio per veicoli. Il fiume Rocha passa anche sotto al citato ponte Huayna Capac, ubicato a circa un chilometro dalla Costa Nera. Il viadotto è uno fra i tanti che collega la parte nord alla parte sud della città, il suo nome si riferisce ad un imperatore Inca vissuto fra il 1400 e il 1500.

Da quando sono arrivato a Cochabamba, personalmente ho lavorato solo 6 volte, fra mattinate e pomeriggi, con i gruppi di persone in situazione di strada, che occupano le due zone in questione. Per ragioni di tempo e di vicinanza, l’équipe di lavoro del progetto Coyera, preferisce unire le attività delle due bande, quando possibile. La scarsità di presenze sull’arco di 6 mesi, è riconducibile ad un periodo di forti cambiamenti interni alla Fondazione (mancanza e rinnovo di personale), nonché ad alcuni attriti che ci sono stati con e fra le due bande.

Se il gruppo che vive sotto al ponte Huayna Capac è composto da adolescenti e da giovani adulti (di entrambi i generi); la popolazione della Costa Nera si contraddistingue da ogni altra banda di Cocha per il fatto di includere numerosi membri delle stesse famiglie.

In questa area della città si possono trovare cleferos di tre generazioni diverse appartenenti allo stesso nucleo famigliare: dalla nonna alla nipotina.

Il consumo è aggressivo e le dinamiche famigliari spesso altamente problematiche e violente. I bambini più piccoli sono seguiti regolarmente, come nel caso di altri gruppi della città, dal progetto Fenix.

I genitori dei bambini hanno tutti un’età inclusa fra i 20 ed i 30 anni, ognuno di loro porta addosso i segni di un esistenza al limite.

Il lavoro con questo gruppo di persone non mi concede spazio per considerazioni più lungimiranti o descrittive. La loro realtà è oggettivamente tragica, cruda; non che quella di altri gruppi lo sia meno, però qui stiamo parlando di persone adulte che sprofondano saldamente le proprie radici esperienziali nel mondo della strada, della malattia e della droga, nonché di bambini che sono nati sulla “calle” (strada).

Il lavoro con questi due gruppi di persone, personalmente mi risulta particolarmente frustrante e duro. Spesso, anche come professionista, mi ritrovo confuso, allarmato; non capisco se queste persone siano in grado di considerare effettivamente la loro condizione e quella dei loro figli. Non capisco se concretamente si possa fare ancora qualcosa per il loro stato (non ho dubbi sul fatto che si possa intervenire in qualche modo con i bambini). Questi pensieri sorgono soprattutto in quei periodi durante i quali da queste persone in situazione di strada, non arriva nessun tipo di richiesta, non traspare nessun tipo di motivazione, emerge fortemente un loro distacco dalla realtà.

Aneddoto:

Lucia (nome fittizio), è una giovane donna siero positiva che vive sotto al ponte Huayna Capac da una vita.

Il suo stato di salute è grave e il suo consumo molto pesante. Circa due mesi fa ho assistito al seguente dialogo:

Lucia: “Basta con questa vita, vorrei mettermi a posto”

Assistente sociale: “Si Lucia, sei gravemente malata, ti devi curare, devi andare in un centro!”

Lucia: “Certo, è quello che voglio fare, mica voglio morire io…e poi basta con questa colla”

Assistente sociale: “Allora andiamo oggi, organizziamo il passaggio e ti portiamo, non c’è più molto tempo”.

Lucia: “No giovane, non ti preoccupare, ho calcolato tutto, voglio andare in un centro però non prima della prossima estate”.

Assistente sociale: “La prossima estate Lucia??”

Lucia: “Si giovane, mi ricovero a luglio 2011, non ti preoccupare”.

A volte è difficile trovare un modo di comunicare le cose a queste persone, è difficile decidere se essere chiari fino in fondo o se rispettare la loro visione della vita, assecondando alcune loro scelte (come equipe siamo tenuti a rispettare le scelte o le non-scelte), o meglio evitando di insistere su cosa sia giusto o sbagliato secondo noi. La considerazione relativa all'aneddoto esposto riguarderebbe il fatto che Lucia, probabilmente, rischia di non esserci più il prossimo mese di luglio.


Matteo

1 commento:

  1. sto cercando di comunicare considerazioni...ma davanti a queste realta i miei pensieri sembrano talmente banali,ti mando un abbraccio

    RispondiElimina